Share the post "Mamma e marinaia: vita, sfide e sostenibilità a bordo di Shibumi"
Immagina una vita lontano dalla frenesia della città, immersa nella pace del mare, dove ogni giorno porta nuove sfide e opportunità. A bordo di Shibumi, una casa galleggiante che diventa anche simbolo di un percorso di crescita personale e familiare, si scopre un modo di vivere più autentico, sostenibile e libero. In questo racconto, esplorerai la quotidianità di chi ha scelto il mare come stile di vita, tra il rispetto per la natura, l’avventura e la continua ricerca di equilibrio. Un viaggio che va oltre la navigazione, per chi sogna di vivere in armonia con il mondo circostante.
Nel tuo libro “Mamma e Marinaia” parli di come la tua passione per il mare si sia sviluppata nel corso degli anni. Come ti definiresti oggi, considerando sia il tuo percorso professionale che personale?
Oggi mi definirei una donna in continua trasformazione. Il mio percorso è stato una costante ricerca di libertà e autenticità, sia sul piano professionale che personale. Ho imparato che vivere seguendo le proprie passioni non è un traguardo, ma un viaggio fatto di evoluzione, cambiamento e ascolto interiore. L’esperienza su Shibumi, la nostra casa galleggiante, rappresenta per me la metafora perfetta: navigare significa essere disposti a lasciarsi trasportare dai venti del cambiamento, senza opporsi alla corrente, ma trovando sempre il proprio equilibrio.
C’è stato un episodio specifico che ha segnato il momento in cui hai capito che il mare sarebbe diventato il tuo stile di vita?
Sì, c’è stato un momento molto chiaro. Ricordo una notte particolarmente stellata, mentre ero a bordo di una barca in Grecia. Il silenzio del mare e il senso di vastità mi hanno fatto capire quanto tutto ciò che cercavo nella vita fosse racchiuso in quella sensazione di pace. In quel momento ho realizzato che il mare non era solo un luogo da esplorare, ma uno spazio in cui potevo davvero ritrovare me stessa e vivere secondo i miei valori.
Nel capitolo dedicato alla sostenibilità di “Mamma e Marinaia” parli molto dell’importanza di un approccio responsabile alle vacanze. In che modo questi valori si riflettono nella tua vita quotidiana?
La sostenibilità è diventata parte integrante del nostro stile di vita, e vivendo in mare non potrebbe essere altrimenti. Vivere in barca significa essere consapevoli di ogni risorsa che utilizziamo, dall’acqua all’energia. Cerchiamo di ridurre al minimo il nostro impatto sull’ambiente, rispettando il mare e i luoghi che visitiamo. Questo si traduce in scelte quotidiane, come limitare i rifiuti e questo parte dal fare: “una spesa intelligente”, riducendo al minimo tutti quegli scarti che sarebbero poi difili da smaltire a bordo, come per esempio prediligiamo acquistare frutta e verdura sfuse piuttosto che in vaschette di plastica, a bordo si accumulerebbero generando rifiuti e disordine.
Noi utilizziamo energie rinnovabili, viviamo solo con energia prodotta da pannelli fotovoltaici e generatore eolico, sena rinunciare a nessun comfort a bordo, dalla consolle di gioco per i nostri figli, ai computer per lavorare, al microonde, lavatrice, estrattore, videoproiettore…e poi beviamo e usiamo acqua di mare dissalata grazie a un desalinatore installato a bordo, permettendoci di risparmiare l’uso di centinaia di bottiglie di plastica! Credo che vivere in armonia con la natura non sia solo un dovere, ma anche una grande opportunità per riscoprire un modo più semplice e autentico di vivere.
Come descriveresti la tua giornata tipo a bordo di Shibumi?
Sono trascorsi già 4 anni dalla nostra partenza e i nostri piani sono cambiati decine di volte per questo le nostre giornate si dividono in due tipologie: quando viviamo nel porto e quando navighiamo.
La nostra vita di porto è un equilibrio tra routine e novità. I ritmi sono scanditi dalla scuola e dalle attività dei bambini, che oramai sono bilingue frequentando la scuola pubblica spagnola. Giocano a rugby nel club dell’isola, spostandosi in aereo per fare i tornei tra l’arcipelago Canario, un’esperienza unica! Vivono ogni giorno come un’opportunità per conoscere nuove persone e scoprire il mondo e questo era uno dei nostri obiettivi prima di partire per questo viaggio.
Io lavoro come grafica da remoto, trovando armonia tra progetti e mare, mentre mio marito, che ha terminato l’anno di aspettativa ora fa il pendolare tra Italia e Lanzarote. È una vita di routine ma sempre diversa soprattutto perché i vicini di barca cambiano spesso, portando con sé storie diverse che arricchiscono le nostre giornate di incontri preziosi.
La nostra giornata a bordo in navigazione è scandita dai ritmi della natura. La mattina ci svegliamo sempre con il sole, facciamo colazione sul ponte e controlliamo il meteo, poi ci dedichiamo alle attività quotidiane: navigazione se dobbiamo spostarci da una baia all’altra, oppure esplorazioni nei luoghi in cui siamo ancorati…manutenzione della barca, relax…e un occhio sempre al computer se ci sono progetti da consegnare.
Ogni giornata è diversa, ma ciò che rimane costante è il senso di connessione con l’ambiente che ci circonda. La sera è spesso il momento più magico: ceniamo al tramonto, soli o con vicini di baia che abbiamo conosciuto in giornata o con amici e parenti che sono venuti a trascorrere del tempo con noi…e poi ci lasciamo cullare delle onde per abbracciare Orfeo!
Nel tuo percorso ci sono stati momenti difficili o sfide inaspettate legate alla vita in mare? Come sei riuscita a superarle e che ruolo ha avuto la tua esperienza passata nel farlo?
Le sfide non sono mancate, soprattutto all’inizio quando il nostro piano di attraversare l’oceano è saltato dopo pochi mesi dalla nostra partenza a causa di un blocco forzato della pandemia. Non è stato facile accettare che tutto quello che avevamo pianificato da anni ci crollasse così sotto i piedi.
La gestione delle emergenze, le condizioni meteo avverse e l’adattamento a uno spazio ristretto hanno messo alla prova la nostra resilienza. Tuttavia, sono e siamo una famiglia positiva, vediamo nel piano B delle opportunità e non un ripiego e così non ci siamo dati per vinti, potevamo scegliere di tornare in Italia ma ancora una volta abbiamo scelto l’ignoto, e siamo entrati in Atlantico, atterrando alle Canarie.
La forte unione tra me e mio marito e la mia esperienza nel mondo della moda, dove è fondamentale trovare soluzioni creative ai problemi…in tempo zero… mi ha aiutata a mantenere la calma e a trovare sempre una risposta ai problemi che mi si presentavano.
Ciò non toglie che ho vissuto diversi momenti bui, di sconforto e smarrimento, soprattutto perché a differenza di molti altri viaggiatori, noi non siamo una coppia, ma una famiglia di 5 + cane e le responsabilità, le difficoltà e la ricerca continua di un sereno equilibrio rispettando le esigenze di tutti è una sfida continua che mette i nervi a dura prova! La chiave è stata accettare che le difficoltà fanno parte del viaggio (che per noi si chiama vita) e che ogni sfida è un’opportunità per crescere e imparare.
Ci sono destinazioni specifiche che hai visitato a bordo di Shibumi che hanno avuto un impatto particolare sulla tua filosofia di vita e che magari hanno ispirato alcune pagine del tuo libro?
Assolutamente sì. Una delle esperienze più significative è stata la navigazione nelle Piccole Cicladi, in Grecia. Le isole selvagge, i villaggi autentici e l’ospitalità delle persone del posto mi hanno insegnato l’importanza della semplicità e del contatto umano. Anche il Marocco e Canarie per i ritmi lenti e la consapevolezza della vita che sorre con tempi diversi da quelli di città mi hanno ricordato quanto sia prezioso rallentare e godersi il momento presente.
Come vivono i tuoi figli l’esperienza di crescere in barca? Quali sono le sfide e le opportunità uniche che questa vita offre loro?
Molti ci scrivono che dovrebbero denunciarci ai servizi sociali per tenere dei bambini rinchiusi in una barca…ahahah…si ha spesso un’idea molto lontana dalla realtà quando non la si conosce. I miei figli vivono questa esperienza con una naturalezza disarmante. Per loro, il mare è casa, e la vita in barca offre una libertà che difficilmente avrebbero avuto in un contesto urbano. Anche se al momento non siamo sempre in navigazione, ma stiamo vivendo un’esperienza di vita “normale” fermi in porto su un’isola, non gli mancano i rapporti sociali e le esperienze delle tappe fondamentali di crescita.
Hanno imparato a rispettare la natura, a essere flessibili e a trovare la bellezza nelle piccole cose. Conoscono ogni giorno vicini nuovi, grandi e piccoli, e questo gli permette di scoprire vite diverse, più o meno affascinati. Le sfide ci sono, ovviamente: a volte la lontananza dagli amici in Italia o la mancanza di alcune comodità può pesare. Ma ciò che guadagnano in termini di apertura mentale, spirito di avventura e capacità di adattamento è un dono inestimabile.
Attraverso la tua esperienza, quale pensi sia il pregiudizio più diffuso sulla vita in mare che vorresti chiarire una volta per tutte?
Uno dei pregiudizi più diffusi è che la vita in barca sia riservata ai ricchi e assomigli a una vacanza permanente. La realtà è molto diversa: vivere in mare richiede impegno, fatica, pazienza e una grande capacità di adattamento. Certo, servono anche soldi, ma non tanti quanti si potrebbe pensare. La nostra barca, un 56 piedi del 1982, usata, l’abbiamo comprata per poco più di 50.000 euro, e la vita a bordo, senza bollette o affitti fissi, (tranne i costi dei porti) ha un costo inferiore rispetto a quello di una vita in città.
La vera difficoltà non è economica, ma pratica: la manutenzione è continua, ogni giorno c’è qualcosa da riparare, e la responsabilità in navigazione è grande. Mio marito dice spesso: “Se la vita di bordo fosse semplice, il mare sarebbe molto più popolato”. La vita di bordo non è un’esperienza per tutti, ma chi sceglie questo stile di vita lo fa per un bisogno profondo di sapere che quando molli quella cima che ti tiene bloccata a un molo, sei in mare aperto, libera, non per scappare dalle responsabilità, ma per scegliere che rotta dare alla tua vita.
Chi ha il pregiudizio: vita di bordo = vacanza, sicuramente non è armatore, o meglio non è l’armatore che si sporca le mani, oppure, molto probabilmente è colui che noleggia la barca per i 10 giorni di vacanza estiva. Chi pensa che sia solo vacanza vede il lato A: aperitivi al tramonto e relax in baie cristalline, ignorando il lato B fatto di sentine da pulire, serbatoi da lustrare e innumerevoli riparazioni, lato elettrico, idraulico, velico…motore…e l’elenco sarebbe lungo.
E comunque, anche quando negli anni passati salivo a bordo per trascorrere le vacanze estive, con dei bambini in barca non si possono mai chiamare vacanze!
Quali consigli potresti dare a chi, dopo aver letto il tuo libro, è ispirato a intraprendere uno stile di vita più sostenibile e avventuroso come il tuo, magari vivendo a bordo di una barca?
Nel mio libro racconto tutto il percorso che ci ha portati a questa scelta di cambio vita. E’ intervallato da box con consigli pratici per chi vuole navigare in famiglia, un libro che ispira, ma che allo stesso tempo ha un valore pratico, per chi si vuole avvicinare alla nautica con dei bambini.
Per chi vuole vivere su una barca il primo consiglio che mi sento di dare è di partire dalle proprie motivazioni. Chiedetevi cosa vi spinge verso questo cambiamento e se siete pronti ad accettare sia le gioie che le sfide (tante) che comporta. Iniziate con piccoli passi: fare esperienze, tante esperienze in barca prima di prendere decisioni definitive, informatevi, leggete libri di marinai veri e non abbiate paura di chiedere consigli a chi ha già intrapreso questo percorso. Ma soprattutto, seguite il vostro cuore: la vera avventura comincia quando ascoltiamo la nostra voce interiore.
Pensi che il mare e soprattutto Shibumi, continueranno ad essere la tua casa anche in futuro?
Credo che Shibumi sarà sempre una parte fondamentale della mia vita. Il mare mi ha insegnato chi sono e mi ha dato una nuova prospettiva sul mondo. Tuttavia, non escludo che in futuro possano esserci altri cambiamenti. Sono una persona in continua evoluzione, e ciò che conta davvero per me è mantenere vivo quello spirito di libertà e avventura che mi ha portata fino a qui.
Shibumi è più di una barca: è il simbolo del mio viaggio interiore, e continuerà a essere la mia bussola, ovunque la vita mi porti. Quello che mi sta insegnando Shibumi è che la casa non è un luogo ma la sensazione che si prova quando si sta insieme in famiglia. In questi anni, complici gli spazi stretti e la condivisione di forti esperienze, la mia famiglia si è unita tantissimo, insieme siamo un team, una squadra perfetta coesa e forte: la casa siamo noi!